Cimitero delle 366 Fosse
Napoli
Ai piedi della collina di Poggioreale, a Napoli, sorge il Cimitero delle 366 Fosse, uno dei primi cimiteri ad essere realizzato fuori dalle mura cittadine. La sua particolarità risiede nella struttura stessa del cimitero. Esso, infatti, è stato concepito per permettere una sepoltura secondo un sistema che rispetta un determinato ordine cronologico tenendo conto anche degli anni bisestili, e si compone di 366 fosse. Da qui il nome di Cimitero delle 366 Fosse.
Cenni storici
Il cimitero fu commissionato da Ferdinando IV di Borbone, il quale nutriva una particolare verso le classi meno abbienti, all’architetto Ferdinando Fuga, nella seconda metà del 1700. Il cimitero nasce infatti, proprio per dare sepoltura ai cittadini appartenenti alle classi meno abbienti. Ma anche ai poveri colpiti dalla peste o dal colera o semplicemente coloro che sono state le vittime di un sistema sociale e politico ingiusto. Fu chiuso nel 1890 dopo aver garantito degna sepoltura a più di settecentomila corpi. Tuttavia, intorno al 1960 venne riaperto in seguito all’aggiunta di loculi sulle mura perimetrali. La struttura del cimitero si presenta a forma quadrangolare e circoscritto interamente da mura.
All’ingresso è situato un ufficio rettangolare destinato ai servizi. Sul portale è posto un timpano contenente un simbolo mortuario. Lateralmente, invece, vi sono due lapidi le cui incisioni narrano la storia del cimitero voluto dal re. All’interno troviamo una vasta area suddivisa in 366 ambienti ipogei disposti in 19 file per 19 righe. A queste vanno aggiunte le 6 fosse in più che sono state realizzate nell’atrio ma completamente scomparse pochi anni dopo. Al centro dell’area vi è una fossa destinata alla raccolta dell’acqua piovana. L’accesso a ogni fossa avviene tramite un tombino che conduce a un loculo di 4,20 metri per 4,20 metri, situato a una profondità di circa 7 metri.
Curiosità sul Cimitero delle 366 Fosse
I numeri identificativi dei vari loculi sono stati apposti in ordine progressivo da 1 a 366 dove il 366 corrisponde alla data del 29 febbraio. La procedura di sepoltura prevedeva di partire dal primo giorno dell’anno nel punto corrispondente alla riga confinante con il muro opposto all’ingresso, progressivamente da sinistra verso destra fino alla diciannovesima fossa e poi da destra verso sinistra, alternando continuamente fino alla fine. All’inizio i cadaveri venivano semplicemente buttati nel fosso. Successivamente, grazie anche al contributo di una baronessa, la quale nel 1875 donò un macchinario adibito allo spostamento di pesanti lapidi.
Visitando questo luogo si percepisce un senso di magia, di sacro, di affascinante. Non si ha la sensazione di trovarsi in un luogo dove la morte regna sovrana, ma tutt’altro. Vi è come la sensazione di aver trovato un portale la cui energia conduce in un nuovo mondo, a una nuova vita.
La percezione della morte come fine di tutto, che in alcuni casi ci può invadere nel visitare tali luoghi, abbandona completamente il nostro essere per lasciare posto a sensazioni particolari. Si percepisce al contrario un energia sacra, vitale, cosmica, che non può essere razionalizzata ma solo sentita. Esiste un’intera simbologia legata alla composizione strutturale del cimitero delle 366 fosse. Una simbologia che racchiude il tempo e lo spazio. Il centro può essere interpretato come l’Universo e il suo asse verticale come l’asse che unisce il mondo materiale a quello divino.
La connessione dell’asse con la base simboleggia l’annullamento del tempo e dello spazio, rappresentando l’eternità. Anche la disposizione dei suoi edifici contribuisce a rispettare la simbologia della morte e della rinascita essendo disposti in parte verso Est e in parte verso Ovest, ovvero le direzioni rispettivamente dell’alba e del tramonto.